La straordinaria fioritura della letteratura russa dell'Ottocento ha inizio con i Racconti di Belkin di Aleksandr Puškin, che uscirono quasi contemporaneamente alla raccolta di novelle di Nikolaij Gogol Veglia a una fattoria presso Dikanka. Dopo tre, quattro decenni diventa così imponente da sbalordire il mondo. Eppure nulla di straordinario era accaduto nei secoli precedenti se si eccettua Il canto della schiera di Igor rimasto isolato nella sua monumentale unicità.
Per chi guarda dall'esterno, la letteratura russa viene identificata con il romanzo, che a sua volta svolge un opera di supplenza rispetto a tutte le altre attività intellettuali e ingloba e ricomprende il ruolo della politica, della scienza, della filosofia e anche dei movimenti storico–sociali. (...) Il romanzo russo dell'Ottocento svolgerà un ruolo speculativo o critico solitamente assegnato «nelle società liberali alla stampa, ai tribuni e alle opere teoriche anche se «questa funzione critica del romanzo non implica affatto una stretta unione tra letteratura e politica». (...)
Da Tjutcev a Rozanov saranno studiati non solo i fondamenti della realtà; i modi della conoscenza, le tematiche connesse all'agire umano ma nessuno di essi si fermerà alla sola esistenza quand'anche consacrata dalla storia. La letteratura filosofica dell'Ottocento russo è più ricca della vita, più comprensiva della storia (si pensi a Tolstoj) perché non si ferma alla realtà nella sua presenzialità continua: essa rappresenta il primo piano dell'esistenza e della storia stessa.
(dalla prefazione di Antonio Orabona)
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