STORIE VERE DI LEGGI
E SENTENZE AD PERSONAM
come nel minuscolo stato di Tonga...
"Antenna Proibita. La storia di Europa7 e altre ferite alla libera informazione" di Pierluigi Vito (ZONA, pp. 160, Euro 15) racconta la storia della tv che doveva esistere - perché nel 1999 vinse la gara per l'assegnazione delle frequenze - ma che dieci anni di illegalità hanno fatto in modo che non esistesse. Perché Retequattro non finisse sul satellite, in buona sostanza, così perdendo la montagna di ascolti garantiti dalla capillare copertura analogica di Mediaset, azienda "eccedente" rispetto a qualsiasi parametro antitrust: la storia è per lo più nota in questi termini. E ora che si passa al digitale terrestre, ora che la Rai ha dismesso il contratto con Sky e si consorzia con Mediaset e La7 per la nuova piattaforma satellitare TivùSat, che succede a Europa7 e a tutto il sistema televisivo italiano? Anche qui non mancano sorprese, o meglio notizie variamente "silenziate" di cui poche testate si sono occupate.
I protagonisti di questo reportage sono: l'imprenditore Francesco Di Stefano, editore di Europa7; il giornalista radiofonico pugliese Alessio Dipalo, premio Peppino Impastato 2009, che fruga dappertutto e ultimamente in faccende di rifiuti; "l'impiccione" friulano Alessandro Metz, ex consigliere regionale dei Verdi che nel 2006 si trovò a dover acquistare una pagina del Piccolo di Trieste perché si parlasse della morte del giovane Riccardo Rasman; il blogger e giornalista calabrese Antonino Monteleone, al quale è stato comminato "in via preventiva" l'oscuramento del sito e il divieto di esercizio della professione per sei mesi, mentre il procedimento che lo vedeva imputato per diffamazione era ancora in corso; il milanese Marco Di Gregorio, prima giornalista - corrispondente dagli Usa e da Parigi, poi al TG4 di Emilio Fede - in seguito imprenditore dell'informazione, che dopo una burrascosa esperienza con SeiMilano ha scelto il web con c6.tv.
Sono personaggi diversi con storie diverse, ma tutti partecipano a una battaglia durissima e senza esclusione di colpi: quella per la libera informazione in Italia, il paese che l'organizzazione americana Freedom House (impegnata da oltre settant'anni su questo fronte), nella sua classifica internazionale del 2009, colloca al 73° posto nel mondo, ultima tra le democrazie occidentali, e cioè tra gli stati "semi-liberi". A pari merito con Tonga, minuscolo stato insulare dell'Oceania, tra Fiji e Samoa, di soli centomila abitanti e 750 chilometri quadrati, dove ogni genere d'attività è nelle mani del monarca George Tupou V e della sua famiglia, e dove la corruzione è assai diffusa.
L'autore, il giornalista televisivo Pierluigi Vito, raccoglie dalla viva voce dei protagonisti storie di soprusi, intimidazioni, leggi fatte e disfatte a beneficio del potente o dello strapotente di turno, sentenze sfacciatamente disattese o cucite sul caso. E il parere - sulla cosiddetta anomalia italiana - della Commissaria Europa per le Comunicazioni, Viviane Reding. Il quadro che ne emerge - tutt'altro che confortante - riannoda fili e circostanze che vengono da lontano, e di cui il presente è forse solo il più macroscopico degli esiti. L'intento, dichiarato dall'autore, è un doveroso tributo all'articolo 21 della Costituzione, ma anche alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che all'articolo 19 recita testualmente: "Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere".
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